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Pittura ambiente 1

al Castello di Rivara il primo appuntamento

Il Castello di Rivara, diretto da Franz Paludetto dal 1984, riapre con tre nuove mostre e un’installazione permanente realizzate tra gli spazi espositivi museali e quelli del Centro di Documentazione Cartaceo:
Pittura Ambiente I;
Galerie Bruno Bischofberger;
My Moon;
La Stanza Segreta della Fotografia.

L’opening raccoglie il testimone della rassegna annuale Equinozio d’Autunno e ne ricalca in parte alcune delle modalità strutturali, come la fitta chiave di eterogeneità tra ambienti vicini e la dialettica tra opera e struttura. La presenza di questa chiave è qui intesa come un grande ed unico “oggetto” allo stesso tempo sfuggente e tangibile:antistorico, iperdimensionale non misurabile, ma dagli effetti manifesti. Nel moto che va dalla frammentazione al corpus si rivelano le differenze tra le superfici che chiarificano e gli accumuli che – per definizione – nascondono, coprono e generano. 
Pittura Ambiente I a cura di Fabio Vito Lacertosa
Pittura Ambiente I mette al centro l’esperienza della pittura come serie di realizzazioni ambientali, divisa in due sezioni e sette stanze. Da una parte la ricerca di chi ha già avviato un rapporto con il Castello di Rivara (al piano terra P. Assenza, S. Astore, E. Chiricozzi, D. Falcone, D. Perego, M. Tajoli) e dall’altra chi invece è al primo intervento sul campo (L. Arboccò, R. Baragliu, R. Blanco, S. Pigliapochi, G. Preve, O. Sosnovskaya, A. Spatola, M. Taverniti – secondo piano).  Il tema della scissione, del frammento, della divisione e soprattutto della ricomposizione sono il centro di tutta la riflessione presentata. La fusione tra particella e corpus, l’aspirazione alla sintesi nel rapporto con il modulo, la riconquista del controllo tra figura e sfondo (nella tensione tra grandissimo e piccolissimo). Tutti elementi che si muovono nel quadro ideologico della pittura, eternamente letta in crisi, e si pongono come paradigmi della “fine”, cataloghi visuali del progetto e tracce di passaggi ambientali irriproducibili, estemporanei, unici.  In questo senso la pittura è sempre epigrafe e sorgente della realtà.
Essa riceve e manifesta tracce di grandezza ovunque si presentino, anche laddove si esprima una idea di classicità in pericolo. Funziona così da sempre, da prima della nascita della scrittura e finirà presumibilmente oltre il raggio d’azione della stessa. A tal proposito un aneddoto: per segnalare alle generazioni future il pericolo dei rifiuti nucleari nel più importante sito di stoccaggio del deserto del Nevada, gli scienziati americani hanno scelto di lasciare ai posteri, oltre che documenti scritti in tutte le lingue, alcune scene rupestri esplicite che – nel caso le lingue conosciute dovessero estinguersi – avviserebbero i malcapitatl del grande pericolo che li attenderebbe tra le viscere di quella montagna. Allora si capisce perché la pittura “totale” della preistoria, magica e realistica allo stesso tempo, racconta ciò che la scrittura non può minimamente dire. Quest’ultima, invece, con il suo sviluppo simbolico e quel potenziale elemento generatore di architetture immaginarie che è l’alfabeto, fa sempre capo ad un nuovo ordine strutturale e giuridico, una nuova grandezza politica.
È dunque curioso quell’impegno degli esseri umani nel decretare la morte della pittura, quando in realtà è sempre la pittura a dichiarare la morte delle cose. Personificata e immanente, essa si infila nei vuoti lasciati sul campo da quella sorta di pretesa immobilità che ogni classicità ‘desidera’ per sé. E cercare la testimonianza della fine dei processi significa puntualmente aprirsi alle cose che stanno nascendo. La “silenziosa” catena di eventi nel percorso che porta al manifestarsi della visione, andrà inevitabilmente ad acquisire un senso predittivo, e lo studio di questa previsione sarà cruciale per capire non solo le grandi strutture ma anche le “cose” quotidiane. La pittura, personificata quasi crudelmente, traccia, attraverso la contrastata attività inventiva del singolo, l’implacabile anatomia dell’universo e del suo manifestarsi come macchinario sociale. In quanto analogo della produzione di rapporti ambientali non eleggibili, la pittura è sempre di moda. Legata e implacabilmente imparentata con l’inaugurazione, ovvero il rito della visione confermata. Lo vedi giallo? Sì. E tu? Pure. E tu? Pure. Esiste un quadro in questa stanza? Sì. Sicuri? Sì. Hm. Non lo so. Se ci penso, non lo so.
AIR (IDEM Studio) – R. Baragliu; S. Pigliapochi; A. Spatola RIPPED – D. Falcone SOLO FLIGHT – Anonimo ‘800; P. Assenza;  S. Astore; E. Chiricozzi; M. Taverniti DIVENTARE ALTRO – L. Arboccò; R. Blanco RIFARE IL MONDO – O. Sosnovskaya CRISI NERA – G. Preve A|RD. Perego; M. Taioli